Samadhi Lo stato dell'estasi Un percorso evolutivo come
quello dello Yoga, l'ho affermato
tante volte, prevede, come prima tappa, di destare lo stato di
attenzione,
giungere poi alla consapevolezza e da questa al risveglio della
coscienza,
imparando lungo la via a distinguere il falso dal vero, il soggettivo
dall'oggettivo, talvolta attraverso dure pratiche di ogni genere. Ottenere una simile conoscenza,
soltanto con i mezzi
dell'intelletto, viene ritenuto, in questa disciplina, praticamente
impossibile, per questo, ad un certo livello si sostiene l'impiego
della
meditazione profonda. Attraverso questo mezzo,
considerato più idoneo, si dovrebbe
poter determinare la vera natura dell'essenza dell'esistenza, proprio
come una
esperienza pratica. La qualità necessaria che dona
la capacità di distinguere e
la visione oggettiva è il Vairagya: distacco o non coinvolgimento. C'è da dire che il Vairagya non
comporta necessariamente,
come taluni sono portati a credere, l'abbandono del mondo, ritirandosi
per
esempio a fare gli asceti, esso è innanzitutto un atteggiamento, nonché
una dimensione
interiore. Colui che raggiunge il
Vairagya, guidato da un perfetto
discernimento, potrebbe, come vuole la tradizione, ottenere le
condizioni per
conoscere la realtà imperturbabile del Brahman: l'eterno, imperituro
Assoluto;
la più alta realtà non duale, ne soggettiva ne oggettiva ma che li
contiene
entrambi. In quanto coscienza assoluta,
esso, nella sua astrazione non
è accessibile al pensiero, tantomeno alla parola, poiché è una
condizione di
pura trascendenza. Il Brahman su cui abitualmente
viene proiettato un mondo di
immagini che sicuramente non aiuta ai fini della conoscenza reale, come
coscienza, renderebbe possibile la percezione dell'essere e della
beatitudine. Esiste nella meditazione lo
stadio iniziale nel quale lo
Yogi dispone di una concentrazione a carattere soggettivo dove egli non
ha
ancora chiara coscienza di se stesso; un'altra fase più oggettiva nella
quale
impara ad avere coscienza in maniera distinta sia di sè stesso che
dell'oggetto
della concentrazione; ed infine la fase più alta nè soggettiva nè
oggettiva
corrispondente ad uno stato di coscienza in cui lui stesso e l'oggetto
della
concentrazione sono la medesima cosa senza distinzione. Quest'ultimo stato di
concentrazione-coscienza viene
chiamato Samadhi. Ed è in questo stato di
perfetta trascendenza non duale ed
estatica che si avrebbe l'opportunità di fare l'esperienza del Brahman. Mi viene da dire che il Samadhi
di cui si parla non è un
vero Samadhi. Posso intuire che si tratta di
uno stato dell'essere che va
al di là della veglia, del sogno e del sonno profondo. Nella mia personale esperienza,
che dura ormai da 26 anni,
ho beneficiato, una sola volta, durante la meditazione di uno stato
estatico. Coincise, in seguito a mesi di
intense pratiche, con la
totale caduta di ogni genere di tensione e con la realizzazione
interiore dello
stato dell'abbandono. Mi lasciò, suppongo per
mancanza di abitudine, spaventato. Dovetti lavorare a lungo per
annullare lo stato di
inquietudine che mi pervase. Sinceramente tale esperienza fu
molto forte ma non ritengo
di aver provato lo stato alto del Samadhi come viene descritto dagli
autorevoli
testi dello Yoga. Nonostante i miei maestri
indiani, americani, belgi,
francesi, italiani fossero le personalità di maggior spicco
nell'ambiente
nessuno di loro seppe mai fornirmi delucidazioni esaurienti per quanto
mi era
accaduto. Indice, secondo me, che, anche
loro, non avevano sufficiente
esperienza di simili stati oppure avevano scelto il silenzio su tale
argomento. Alla luce di questa mia
personale esperienza, invito, gli
insegnanti Yoga e gli studiosi ad adottare maggiore prudenza
nell'esprimersi. Con troppa leggerezza si parla
di Samadhi nelle scuole, cioè
di cose di cui non si ha fatto reale esperienza. Non ce n'è bisogno. Lo Yoga è in grado sia di
apportare meravigliosi cambiamenti
nella personalità psico-somatica dell'individuo, sia di iniziare a una
vita più
consapevole e direi che ciò è già un grande risultato. Chi pratica un buono Yoga è
persona equilibrata, ed è cosciente
della complessità del campo che sta esplorando. Talvolta ha l'impressione di
trovarsi in una vasta area
senza punti di riferimento. In queste condizioni gli risulta difficile
affermare principi con certezza. Farlo potrebbe essere già
sinonimo di fanatismo frutto di
Avidya (non conoscenza, per non dire ignoranza).
di Amadio Bianchi |