Cos'è lo Yoga? (parte della relazione
presentata dal M° Amadio Bianchi al
congresso "Psicologia e Psichiatria per il 3° Millenio - Casinò di
Sanremo
- settembre 1998) La mente umana, nel
suo processo evolutivo, é stata
rischiarata dalla luce della consapevolezza, generando sistemi il cui
fine é il
miglioramento della condizione umana. Sono le circostanze
che, talvolta, determinano la
collocazione geografica, dove, tali sistemi, si manifestano più
chiaramente al
mondo. Così, lo Yoga trova
in India la collocazione storica della
sua nascita rimanendo, in seguito, altresì imprigionato nella cultura
religiosa
di questo paese. Ciò diviene
determinante ai fini del ricercatore il quale,
oggi, deve per forza passare attraverso la cultura indiana per poter
comprendere il fine ed utilizzare le tecniche che vanno a formare il
sistema di
Liberazione denominato Yoga. E quando si dice "liberazione" si
intende dire liberazione dal giogo della sofferenza umana ma per un
Hindù rappresenta,
inoltre, la via per liberarsi dal ciclo del samsara o delle rinascite
indissolubilmente legate alla distorta visione dei sensi che impedisce
lo
scioglimento dell'unione con la sofferenza e l'accesso alla conoscenza
del Sè assoluto. La parola Yoga,
dunque, appartiene al mondo spirituale e,
qualche volta, utopistico indiano, anche se lo Yoga più antico, alcuni
sostengono, non presentasse alcuna connotazione di tipo culturale o
religioso. L'antica origine
dello Yoga è sicuramente pre-aria come
testimoniano i ritrovamenti archeologici di Harrappa e Mohenjo-daro
città appartenenti
alla civiltà della valle dell'Indo che precedono lo sviluppo dell'India
vedica. Lo Yoga ritenuto
classico, invece, vede la luce nei primi
secoli della nostra era ed é considerato uno dei sei Darsana, o punti
di vista,
del pensiero filosofico-religioso Hindù la cui codificazione, come
tutti sanno,
si attribuisce a Patanjali, compilatore degli Yoga-sutra o Aforismi
dello Yoga
di datazione, come sempre accade quando si é a contatto con la storia
indiana,
assai incerta. Come si é detto già
tante volte, Yoga é una parola sanscrita
che derivando dalla radice del verbo Yuj indica l'atto di aggiogare.
Esempio: aggiogare
i buoi al carro. Il suo significato accorda a questo sistema il ruolo
di
disciplina laddove si pensi di aggiogare la personalità istintuale
presente
nella natura umana, per orientarla e finalizzarla verso scopi ben più
alti rappresentati
da altri significati, che vedremo in seguito, attribuibili al verbo Yuj. I fautori di questa
disciplina, inizialmente si addestrano,
in ambito psico-somatico, ad aggiogare mente e corpo per ottenere una
perfetta
unità, operante a profondi livelli verso una singola idea. Essi passano così a
sperimentare una prima sensazione di
aggregazione armonica che corrisponde ad uno stadio piacevole nel quale
la
mente risulta parzialmente riorganizzata. Per tornare al verbo
sanscrito Yuj, troviamo quasi sempre
indicati, come vi dicevo, altri significati oltre il più intrinseco
"aggiogare"
che ritengo possano rappresentare precise tappe e relative esperienze
di
coscienza, come quella sopra descritta legata al verbo unire o unione
se
riferito alla parola Yoga. Una terza proposta
interpretativa, appunto, si ravvisa nella
parola "fusione" che per lo Yoga rappresenta il livello coscienziale
d'esperienza relativamente più avanzato che, di solito, segue la
completa
realizzazione dell'unione psico-fisica. In questo stadio il
soggetto dopo aver preso atto
dell'interrelazione dinamica esistente tra sé e ciò che lo circonda, la
realizza fortemente anche come sensazione. Ciò vale a far
cadere le ultime resistenze e contrarietà verso
aspetti della manifestazione, naturalmente anche verso gli uomini,
sentendosi
in fusione ed a loro legato da qualcosa di comune. Cambia a questo
punto la sua visione del mondo. Le parole
amico, nemico o indifferente vengono sostituite da favorevole,
sfavorevole o
neutrale e, per conseguenza, si presenta in lui una più evidente
stabilità emotiva. Le memorie,
soprattutto attraverso la pratica della
meditazione, vengono anch'esse riorganizzate e spogliate dall'aspetto
emotivo. Il pesante fardello,
che in molti casi costituisce il
deprimente passato, viene sciolto e spesso si nota lo scomparire dei
sensi di
colpa. L'individuo può così
incamminarsi verso un quarto stadio di
realizzazione che lo porterà a cercare la gioia duratura e ciò che sta
oltre
l'ordinario, ovvero il trascendente. Lungo la via
potrebbe sperimentare la suprema quiete,
conoscere e riposare nella vera essenza del suo essere. Attraverso una
continua meditazione sul vero sè, che è pura
coscienza eterna ed al dilà del complesso psico-somatico e delle
oppressioni
mondane egli potrebbe giungere alla libertà. Nel pieno successo
di questa fase il soggetto dovrebbe
tornare ad integrarsi, o meglio si reintegrerebbe nella collettività,
si pensa
privo di resistenze, e con una chiarissima visione della realtà. Per concludere
questa prima parte devo per di più affermare
che la scienza dello Yoga esige di insegnare un metodo che permetta di
conseguire l'unione completa del Sé, cioè della realtà spirituale
presente in
ognuno di noi con quella universale la cui costituzione sarebbe,
secondo una
ipotesi dell'antica letteratura, realtà, coscienza, beatitudine
(Satchidananda). Questa unione
sarebbe l'unico vero Yoga. Il punto da dove si
parte per questa esperienza. Uno stato di
coscienza nel quale i mistici si propongono di
incontrare e conoscere Dio. Un percorso, forse a
ritroso, per mezzo del quale il
generato, per così dire, ritornerebbe nel grembo del generante, anzi
fondendosi
nella stessa natura di quest'ultimo sicuramente perdendo la sua
identità individuale. di Amadio
Bianchi
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